Percorsi pedagogici che abbiano chiaro la complessità dei funzionamenti organici, alla base di ogni processo

Introduzione – Massimiliano Devetak

Moltissimi anni fa ho avuto il privilegio di incontrare la Dott.ssa Valeria Voli. La nostra amicizia, nata da interessi comuni e arricchita nel tempo da confronti professionali e personali, è per me fonte di grande stima e sincera gratitudine.

Valeria non è solo una professionista straordinaria, con competenze che spaziano dalla pedagogia alla psicomotricità passando per la psicologia, ma anche una persona capace di mettere il cuore in ogni cosa che fa. La sua capacità di vedere l’essere umano come un sistema unico e integrato, in cui la mente, il corpo e le emozioni si intrecciano, rappresenta una visione che sento profondamente affine al mio modo di intendere la Neurologia.

Con grande piacere e riconoscenza, ospito oggi sul mio sito il suo contributo, che esplora il legame profondo tra pedagogia e neuroscienze. Sono certo che le sue riflessioni offriranno spunti preziosi poichè quest’articolo descrive la materia in oggetto in modo decisamente innovativo.

Articolo – Valeria Voli

Nel corso dei secoli, l’essere umano è sempre andato nella direzione della ricerca: ricerca intesa come cammino, come indagine, come sentiero di volta in volta ramificato, con lo scopo di poter giungere ad una conoscenza sempre più profonda di sè stesso. Ma, accanto alla conoscenza, è necessario poi avere anche coscienza di sé: questo è il nucleo della consapevolezza, ovvero un sapere-con, un sapere di sé, che rivolge quindi l’indagine alla conoscenza di sé conservando una percezione individuale e al contempo collettiva di questi saperi.

La pedagogia è una scienza antichissima: pone le sue radici già nella civiltà greca, che fece da culla per lo sviluppo poi della civiltà occidentale. E non solo: in tante altre culture ritroviamo i tratti costitutivi di una scienza pedagogica che sempre si interroga su quali siano i fondamenti dell’educazione e cosa si intenda per educazione.

Perché, dunque, parlare di pedagogia su un portale dedicato alla neurologia?

La risposta è breve e allo stesso tempo complessa. Cercheremo di darne una formula sintetica ma chiara, che possa lasciare spazio ad altre domande e riflessioni, così come al confronto. Parlare di scienza pedagogica significa stabilire che vi sia alla base di questa disciplina prima di tutto un impianto teorico e poi una costante curiosità e ricerca, che costringe il pedagogo e l’educatore, così come il genitore e l’insegnante a non accontentarsi mai dei propri saperi, conservando la spinta allo studio e all’approfondimento. Questa postura di fondo ci consente di poter parlare di scienza: la pedagogia è uno studio rigoroso, dinamico, che mantiene lo sguardo sull’osservazione attenta del caso specifico senza perdere di vista la letteratura e gli studi compiuti fino ad oggi nei vari campi di esercizio di questa disciplina così complessa.

Posti questi fondamenti, possiamo provare a scendere nel merito di una riflessione che tenta di offrire spunti di riflessione, sulla necessità di individuare percorsi pedagogici che siano prima di tutto rispettosi dell’essere umano nella sua globalità. Non siamo, infatti, composti a cassetti: le discipline psicologiche, così come anche l’epigenetica e la psiconeuroendocrinoimmunologia, ci tengono accesa la spia della visione unitaria dell’essere umano. La scissione platonica mente-corpo, poi ripresa da Descartes, è ampiamente superata e smentita dalle ricerche sull’essere umano. Non esiste dicotomia, infatti, tra il pensiero e l’azione, tra l’emozione e il percepire: l’intreccio profondissimo tra ogni sistema che rende il nostro organismo ciò che è, rende conto dell’impossibilità di considerare la persona “a fette”.

Ecco perché questo contributo desidera andare nella direzione di una riflessione attenta su ciò che significa pedagogia: non si tratta, infatti, di diventare tuttologi. Si tratta, tuttavia, di non accontentarsi di teorie e protocolli da applicare, ma di conservare la curiosità dello studio per approfondire e così diventare più capaci di rivolgersi ai professionisti specialisti nel settore che pensiamo debba essere guardato con maggiore attenzione in quel preciso momento della vita della persona.

Per chiarire meglio questo punto, possiamo portare un esempio. Nella mia vita professionale mi capita talora di avere casi di bambini che stanno poco in relazione con i coetanei, che non ascoltano l’adulto, che paiono sconnessi dal contesto quando non dichiaratamente in opposizione. La prima domanda che faccio, quando mi viene riportato un quadro di questo tipo è: il bambino/la bambina, ci sente bene? Respira bene? Ci vede bene? Si parte, cioè, dalla base organica, per poter escludere che vi siano difficoltà prima che relazionali, esperienziali e percettive. Si deve quindi conoscere la neurologia di base del bambino, la conformazione del cervello e le sue fasi evolutive, le aree preposte al controllo dei movimenti, della vista, dell’udito, dell’olfatto, del gusto. Si deve sapere che esistono aree corticali associative, dove si trovano le aree coinvolte nel linguaggio e sapere ad esempio che se parlo al mio bambino nell’orecchio sinistro avrò una probabilità più alta di comunicare con strutture sottocorticali deputate alla percezione e alla gestione delle risposte emotive.

La pedagogia ha il dovere di non ignorare nemmeno l’anatomia del bambino, le caratteristiche dell’apparato muscolo-scheletrico e tendino-cartilagineo: come facciamo a pretendere che i bambini stiano tante ore seduti se non ci rendiamo conto dei danni morfologici che questo può portare?

Il pedagogista deve conoscere l’anatomia dei tessuti, ad esempio quello della vescica urinaria: come facciamo a pretendere nelle scuole che la pipì venga fatta solo all’intervallo? Non si sa che le pareti della vescica non sono elastiche? Le decisioni educative, le prassi che vengono stabilite dalle regole a scuola e a casa, devono essere stabilite a partire da una profonda conoscenza dell’essere umano nella sua complessa organicità.

Il pedagogista inoltre accompagna genitori, educatori ed insegnanti a non perdere di vista i valori che stanno a fondamento della vita: ogni sistema famigliare traduce i valori a cui fa riferimento in modo unico e particolare. Avere la delicatezza di entrare sul piano dei valori, significa avere buone conoscenze di filosofia, di morale, di etica, di bioetica e talora anche di teologia. Significa non ignorare ogni aspetto della persona: anche la parte spirituale dell’essere umano deve essere ascoltata.

Conclusioni: genitori, insegnanti, educatori e istruttori che si trovano a confrontarsi con l’età evolutiva e con le difficoltà che talora si incontrano nella relazione con persone che stanno crescendo, possono sentire la necessità di rivolgersi alla figura professionale del pedagogista. In questo articolo abbiamo portato sinteticamente alcuni pensieri, che si spera possano essere utili per individuare professionisti competenti e preparati. Non si vuole certamente screditare il metodo, a cui un professionista può appoggiarsi. Tuttavia, il suggerimento che si desidera offrire è di non accontentarsi di metodi che paiono ricette e protocolli: è bene individuare professionisti che sappiano utilizzare con libertà prassi che non diventino una proposta uguale per tutti. Professionisti che abbiano la capacità di rimanere prima di tutto in osservazione della complessità e di coinvolgere altri professionisti in una rete che dia la possibilità di guardare la persona da molteplici prospettive.

Valeria Voli

Dott.ssa in Scienze Motorie preventive e adattate alla disabilità

Dott.ssa magistrale in Scienze Pedagogiche

Dott.ssa in Scienze e Tecniche Psicologiche

Psicomotricista ASEFOP

Insegnante di massaggio infantile AIMI

Socio MENSA tessera n. 6907

WEB: Pedagogia Elastica